top of page

RICERCA

36 elementi trovati per ""

  • Rosemary Rodriguez, la regista di Hollywood dallo spirito combattivo

    "I film che ho diretto, sono tutte storie che danno voce al perdente" The Walking Dead, Jessica Jones, Acts of Worship, The Good Wife, Law and Order, Truth Be Told e Home Before Dark, sono solo alcuni dei progetti che fanno parte del bagaglio lavorativo di RoseMary Rodriguez. La regista e produttrice di Hollywood che ha come principale obbiettivo quello della riscossa sociale e umana, e che vuole creare più consapevolezza per un cambiamento di prospettiva sull' opportunità del genere femminile di emergere in un ambiente dominato per anni da soli uomini. Ula Bianca: Come è iniziata la tua carriera di regista? Rosemary Rodriguez: Ho frequentato un corso al college e abbiamo dovuto guardare un film due volte di seguito: una volta senza audio, poi la seconda volta con audio. È stato un vero risveglio ai molti livelli della regia di un film. Ho subìto espresso il desiderio di diventare una regista. UB: Qual è stato il tuo primo lavoro come regista? RR: Il mio primo lavoro è stato dirigere il mio primo lungometraggio Acts of Worship. Mi ci sono voluti 8 anni per realizzarlo. Ho scritto la sceneggiatura, ho cercato di raccogliere fondi e non ci sono riuscito. Quindi ho risparmiato abbastanza soldi per farlo girare. Ecco perché ci è voluto così tanto tempo! Era il mio sogno che si avverava , stavo scrivendo e dirigendo il mio film. Che gioia. Anche duro lavoro! Dopo Acts of Worship, ho lottato per realizzare il mio successivo film, anche se è stato presentato in anteprima al Sundance e ha ricevuto una fantastica recensione dal New York Times! Quindi, ho iniziato a dirigere la TV e ho avuto la fortuna di dirigere alcuni grandi spettacoli come The Walking Dead, The Good Wife, Peacemaker, Jessica Jones e Your Honor. UB: Qual è la tua formazione scolastica? RR: Sono andata ad un programma di certificazione cinematografica alla New York University - due semestri in cui ho realizzato due cortometraggi. UB: Qual è la tua connessione ed il legame con il cinema? RR: Sono cresciuta guardando i vecchi film di Hollywood in TV. Sono cresciuta nel New Hampshire, quindi l'esposizione al cinema era limitata. Il primo film che ho visto al cinema è stato Mary Poppins. Non mi è piaciuto, ho pensato che fosse noioso e mi sono addormentata. Il mio secondo film al cinema è stato Serpico con Al Pacino. LO AMAVO! Dal momento in cui Serpico è stato colpito in faccia, sono rimasta affascinata. Aveva fatto centro ! UB: Qual è la particolarità dei tuoi film? Cosa ti piace trasmettere? RR: Sono attratta dai film degli anni '70. Guidata dal personaggio, duro in faccia, grintoso, vero , azione - qualsiasi cosa da quell'era dinamica del cinema. Da Robert Altman a Hal Ashby: un cinema brillante. I film che ho diretto, Acts of Worship, Silver Skies e Hail Mary, sono tutte storie che danno voce al perdente. Possono esserci realtà, fantasia, commedia, umorismo oscuro, dramma, ma al centro c'è sempre qualcuno che lotta per essere ascoltato e riconosciuto. Questo è ciò che mi interessa: intrattenere e far riflettere il pubblico successivamente, molto dopo che hanno lasciato il teatro o hanno smesso di guardare. UB: Una piccola parentesi per chi non ti conosce molto. Chi è Rose Mary? RR: Sono una regista, moglie, zia, amica che lavora sodo, tenace, ambiziosa e impegnata che fa del mio meglio per continuare ad andare avanti nella mia carriera mentre cresco come essere umano e spirituale, indipendentemente da ciò che la vita mi mette davanti. UB: La sfida più difficile che hai affrontato nella tua vita lavorativa? RR: Il sessismo è la sfida più difficile che ho affrontato, onestamente. Guardo i ragazzi ottenere opportunità che non mi appartengono. Agli uomini di potere piace assumere uomini che assomigliano a loro, che ricordano se stessi, questa è la dura verità. Sono una grande regista, ma questo non mi garantisce determinati lavori o l'accesso ai finanziamenti. UB: Che tipo di film e serie ti piace guardare? RR: Amo il genere horror con un tema sociale, è il mio preferito. Amo i film di supereroi con grandi personaggi -- come The Batman, Logan o Spiderman 2. Amo l'azione come John Wick, Mission Impossible, i film di Bond -- il mio sogno è sempre stato quello di dirigere un film di Bond! Mi piacciono anche i grandi drammi con grandi personaggi. UB: Un film del passato per il quale vorresti aver lavorato? RR: Vorrei poter vedere John Cassavetes o Robert Altman al lavoro. UB: Cosa vorresti cambiare nel cinema di oggi? RR: Mi piacerebbe che più persone andassero a teatro e guardassero i film di persona! Penso che i cinema non stiano facendo il miglior lavoro possibile per far si che le persone si siedano in quei posti. UB: Social media e comunicazione. Come cambierà il mondo della comunicazione per quanto riguarda la tua carriera? RR: Spero di avere fan in tutto il mondo! Per favore, venite a trovarmi su IG @rosemarydirects UB: Consigli per chi vuole avvicinarsi al proprio lavoro RR: Se vuoi fare il regista, fai un corto! Quindi, fai un altro corto! Presentali ai festival. Fai qualcosa di comico, unico. Dal tuo cuore. E non mollare mai. Non rinuncerò mai al mio sogno e nessun regista dovrebbe rinunciare al proprio sogno di dirigere. Tuttavia, se c'è qualcos'altro che qualcuno può fare da sè, allora va a farlo! UB: A quale progetto stai lavorando in futuro? RR: Ho scritto e diretto un lungometraggio chiamato Gated. Spero che con il successo di Hail Mary in arrivo, che il finanziamento per Gated arrivi presto! 》Rosemary Rodriguez Instagram: @rosemarydirects Sito: Rosemary Rodriguez Director Ula Bianca - A dream that creates the brand. Connettiamo le persone al mondo digitale e diamo potere all'identità creativa!

  • Il Signore dei Cartoon

    L'artista autodidatta che ha fatto della sua passione un lavoro di successo Nel 1981, IBM lancia il suo primo PC, George Lucas crea Indiana Jones e lo manda sul grande schermo, la televisione vede nascere quest'anno il legame con la musica in video. In America escono le trasmissioni di MTV mentre nel campionato italiano di calcio compaiono per la prima volta gli sponsor sulle magliette. Nello stesso anno in Giordania nasce un ragazzo che da lì a qualche anno si sarebbe innamorato di quel campionato , in quegli anni il più bello del mondo, e forse proprio grazie alle emozioni provate, Omar Momani oggi è diventato uno dei fumettisti sportivi più bravi del panorama mondiale. Appassionato di calcio , dai tempi del campionato del Mondo a Italia 90, del Milan di Gullit e Van Basten, Omar Momani, è riuscito a trasformare questa passione in lavoro, creando fumetti , che giorno dopo giorno, hanno fatto il giro del mondo, arrivando a collaborare con aziende importanti come "Goal", che gli hanno permesso una visibilità Internazionale. Ula Bianca: Quando hai iniziato la tua carriera di fumettista? Omar Momani: Nel 1996 mio padre fondò un settimanale e mi chiese di disegnare per lui vignette politiche. Allora avevo 15 anni e disegnai solo una vignetta prima che la rivista andasse in bancarotta. Durante il periodo universitario una rivista mi assunse per disegnare dei cartoni animati divertenti. Ma posso dire che il vero inizio è stato dopo la laurea, quando sono andato a lavorare come fumettista e animatore per uno studio di animazione locale. Nel 2010 ho deciso di disegnare sul calcio ed è quello che ha attratto Goal.com, e da allora lavoriamo insieme. UB: Come ti sei imbattuto in questa tecnica? OM: Sono influenzato da molti artisti che posso nominare: Ulbert Uderzo, Morris, Hanna Barbera, la rivista MAD, cartoni animati classici americani, Genndy Tartakovsky e molti altri. UB: Le tue origini, la tua storia, chi è Omar Momani? OM: Sono nato ad Amman nel 1981, sono giordano, mio ​​padre era un ginecologo e mia madre è un'insegnante di inglese. Sono sposato con un ingegnere e ho una figlia e ne aspetto un'altra a giugno. Ho studiato Informatica all'Università. Noioso? ahah UB: Hai scelto di raccontare il calcio attraverso i tuoi fumetti? Che legame hai con questo sport? OM: Sono un tifoso di calcio da Italia 90. E nel 2010 ho deciso di disegnare le mie vignette personali, visto che c'erano i Mondiali del 2010 ho fatto delle vignette a riguardo, e i miei amici mi hanno chiesto di continuare a farlo. UB: Quando inizi un progetto cosa cerchi di catturare nel tuo soggetto? OM: Le emozioni, se inizia a ridere o piangere. UB: Hai un personaggio particolare, qualcuno che ti piace di più interpretare? OM: Mi piacciono i calciatori classici soprattutto Maradona, Valderama e Gullit. E da adesso mi piace disegnare Messi, Haaland e Klopp. UB: Cosa funziona meglio per la tua community, quando rappresenti il ​​calcio dei vecchi tempi o il calcio moderno? OM: La maggior parte dei miei follower ha 24-30 anni. Si godono al meglio gli anni 2010, in particolare la rivalità Messi/Ronaldo. Quando disegno i miei calciatori preferiti come Baggio, Gullit, Maradona o giù di lì non interagiscono allo stesso modo quando disegno i calciatori attuali. È triste per me, ma lo capisco perfettamente. UB: Come viene visto il calcio europeo in Giordania? OM: In Giordania la maggior parte delle persone si diverte a guardare il Real Madrid, il Barcellona e la Premier League. Pochi la Serie A e la Bundesliga. Il calcio è lo sport numero uno in Giordania. UB: La tua squadra preferita? OM: AC Milan dal 1990. E siccome ho guardato la Serie A da quando ero ragazzino, ho simpatia per i club italiani in Europa. UB: Hai collaborato con molti brand importanti, questo è uno stimolo molto importante per un artista, la mia domanda è quando cercano la tua arte e le tue idee, cosa si aspettano da te? OM: Cercano contenuti che portino numeri e impegni. UB: Diventando un artista in Medio Oriente, hai avuto difficoltà a sperimentare ciò che ti piace fare? Hai avuto a che fare con una cultura dell'ostruzionismo? OM: Il Medio Oriente in generale non è liberale o democratico, le persone ei governi non accettano critiche e opinioni diverse. Ecco perché ho scelto un argomento che non è correlato a loro e la maggior parte dei miei clienti proviene dall'Europa e dagli Stati Uniti, grazie a Internet ho ottenuto ciò che ho ottenuto. UB: Quando non disegni cosa ti piace fare? OM: Mi piace leggere. Mi piacciono la filosofia, la storia, l'arte ei fumetti. Oppure mi piace ascoltare musica rock classica. 》Omar Momani Instagram: Omar Momani (@omarmomani) Sito: Omar Momani cartoons Twitter: Omar Momani (@omomani) Facebook: Omar Momani | Amman TikTok: www.tiktok.com/@omarmomani Ula Bianca - A dream that creates the brand. Connettiamo le persone al mondo digitale e diamo potere all'identità creativa!

  • La Sentinella delle Dolomiti

    Carlo Budel, il rifugista più famoso del Web Ci sono storie che ti appassionano subito, semplici ma allo stesso tempo eccezionali, questa è una di quelle, per questo motivo abbiamo deciso di intervistare Carlo Budel, originario di Feltre in provincia di Belluno, che dopo vent'anni passato in fabbrica ha deciso di abbracciare la Marmolada, la Regina delle Dolomiti, e diventarne il custode, da qualche anno gestisce il rifugio di Punta Penia a 3343 mt, il più alto delle Dolomiti. Carlo è il simbolo della semplicità, genuino e sincero, in connessione totale con la montagna e le sue vibrazioni, padrone di una scelta coraggiosa che gli ha cambiato completamente la vita. ULA BIANCA: Perché ti chiamano la sentinella delle Dolomiti? CARLO BUDEL: Mi chiamano la sentinella delle dolomiti perché gestisco un rifugio nel punto più alto delle dolomiti, ho fatto anche un libro chiamato proprio "La Sentinella delle Dolomiti" dove puoi trovare tutto a riguardo. UB: Come ti sei ritrovato a gestire il rifugio di Punta Penia ? CB: Mi sono ritrovato a gestire punta Penia grazie ad un mio amico (Aurelio), quello che ha il rifugio Castiglioni Marmolada, a Passo Fedaia, ho lavorato dai 16 ai 18 anni con lui, 30 anni fa, poi lui ha comprato il rifugio e mi sono ritrovato a gestirlo. UB: Ci puoi raccontare come sono le tue giornate al rifugio? CB: Mi alzo la mattina e accendo il fuoco, preparo le colazioni per quelli che hanno dormito là, e dopo aspetto che arrivi gente, intanto faccio dolci e dopo nel pomeriggio preparo già la cena per chi pernotta, se c'è brutto tempo invece leggo, perchè non c'è niente da fare, se fa tormente di neve, mi porto avanti anche con le pulizie del rifugio. UB: Che legame hai con la montagna? CB: Ho un bel legame con la montagna, mi fa stare bene, sto tranquillo, a me piace la pace, infatti anche dove vivo, è una casa isolatissima dal mondo, perché a me piace stare da solo, sono abbastanza solitario. UB: Hai anche scritto due libri, le montagne che vivo e la sentinella delle Dolomiti. Puoi descriverli brevemente? CB: I miei due libri, il primo, "La Sentinella delle Dolomiti" parla di me, di tutta la mia vita, da quando sono nato, a come ho fatto ad arrivare su a Punta Penia, invece "Le montagne che vivo", è un libro fotografico, dove racconto la mia vita, esclusivamente attraverso le foto. I libri sono piaciuti molto e questo mi fa molto piacere. UB: Che rapporto hai con i social media ? Abbiamo visto che sei molto attivo CB: Questo inverno coi social sono stato poco attivo perché mi sono voluto un po' isolare, ma da questa primavera ricomincio ad usarli, sono un passatempo perché qua dove vivo non ho tv e quindi uso i social per curiosità, anche su in Marmolada sono senza tv e non voglio nemmeno averla, vedo che tanta gente mi segue e sono molto contento. UB: Che cambiamento c'è stato al rifugio e diciamo al turismo nelle dolomiti, in generale dopo la pandemia ? CB: La pandemia in estate non ha cambiato nulla perché i rifugi sono stati aperti come prima, ed il flusso era identico, invece le due stagioni invernali male, perché gli hanno tenuti chiusi, però adesso speriamo che sia tutto finito. UB: Che consigli daresti per chi volesse raggiungerti e passare del tempo al rifugio con te? CB: Per quelli che vogliono salire su da me, agli esperti non serve che do consigli, e se non siete esperti dovete prendere una guida alpina, perchè non è facile arrivare fin su, c'è la "normale", per il ghiacciaio dov'è successo quel casino, il crollo del ghiaccio dello scorso anno, che quasi sicuramente anche quest'estate verrà chiusa, perchè ha fatto un inverno tremendo anche quest'anno, sennò c'è la ferrata cresta Ovest, quella è già più facile, c'è bisogno dell'imbrago, del casco e ramponi sempre dietro, perché si trova sempre ghiaccio in Marmolada, questi sono i miei consigli, però tanti preferiscono le guide alpine, per passare un giornata in sicurezza. UB: Il ricordo più emozionante ti porti dentro da quando hai intrapreso questa esperienza? CB: 15 settembre 2020, mi sono alzato e ho visto la più bella alba della mia vita, era pieno di nuvole e dov'era uscito il sole, all'altezza della punta dell'Antelao, era libero e tutte queste nuvole sono diventate tutte rosse, se tu vai sulla mia pagina Instagram la vedrai, quest'alba assurda, un altro ricordo bello è quello di Arrigo, che tutti gli anni viene su a festeggiare il suo compleanno che è il 4 di Agosto, il primo anno è partito ed è venuto quando aveva compiuto 87 anni, dopo è venuto per gli 88, 89 e lo scorso anno è stato accompagnato da Massimiliano Ossini, quello di Linea Bianca, gli abbiamo preparato le torte con scritto 90, anche lui è una bellissima persona, mi piace, ho conosciuto un sacco di persone stupende su in Marmolada. UB: Puoi raccontarci un po' chi è Carlo, la storia, le passioni , il carattere .. CB: Carlo è una persona.. Carlo è un po' strano, abbastanza solitaria, ho passato l'inverno qua col mio cane e basta, "Paris", il mio cane che amo. Sono molto isolato dalla società, mi piace l'alta montagna, mi piace fare fatica, sudare, perché mi fa stare bene, ho fatto 5 estati in cima alla Marmolada (4 mesi ogni anno), tutto sommato sono una persona normalissima. Punta Penia é stata costruita dalla guida alpina Giovanni Brunner di Alba di Canazei, alla fine degli anni quaranta, riadattando un presidio militare austriaco della prima guerra mondiale, posto in vetta alla Marmolada, recuperando i materiali portati in quota dai soldati negli anni 1915 – 1917. 》Carlo Budel Instagram: Carlo Budel (@carlobudel) Sito: Rifugio Castiglioni Marmolada Libri: La sentinella delle Dolomiti. La mia vita sulla Marmolada a 3343 metri d'altitudine - Budel, Carlo Le montagne che vivo. Racconto per immagini delle uscite con Paris sulle Dolomiti e della vita sulla Marmolada - Budel, Carlo Ula Bianca - A dream that creates the brand. Connettiamo le persone al mondo digitale e diamo potere all'identità creativa!

  • Gli eroi del mare

    La missione di Dolphin Project, lottare per la tutela e la riabilitazione dei delfini Quando Richard O'Barry venne chiamato ad addestrare i delfini del film Flipper non poteva nemmeno immaginare che un giorno si sarebbe trovato a lottare per la loro salvaguardia, quell'esperienza fu lo spartiacque tra il ruolo di addestratore e quello di eroe. Così creò Dolphin Project, un'organizzazione non profit che porta avanti le campagne per la riabilitazione di delfini in cattività e anche la lotta contro il loro massacro. Massacro che è stato portato alla ribalta mediatica grazie anche al film Cove, premio Oscar nella categoria "Documentari", uscito nel 2009 e diretto da Louie Psihoyos, dove il protagonista, Ric O'Barry, con delle azioni rischiose al limite della legalità, e supportato dal suo team, mette in evidenza lo sterminio dei Delfini a Taiji, cittadina a sud del in Giappone, affacciata sul Mare delle Filippine, dove ogni anno, a partire dai primi di Settembre fino all'inizio di Marzo, si ripete la stessa barbarica mattanza della caccia al delfino. Se c'è un delfino in difficoltà in qualsiasi parte del mondo, il mio telefono squillerà, Ric O'Barry. ULA BIANCA: Dolphin Project , quando è nata l'organizzazione e qual è l'obiettivo? DOLPHIN PROJECT: Dolphin Project è stato fondata in occasione della Giornata della Terra nel 1970. La nostra organizzazione mira a educare il pubblico sulla cattività e, dove possibile, ritirare e/o liberare i delfini in cattività. UB: Per chi non lo conosce, che animale è il delfino? DP: I delfini sono mammiferi marini molto intelligenti e sociali. UB: Portate avanti la lotta contro i delfini in cattività, l'industria dei delfini attrae ancora molte persone? DP: Sì, purtroppo molti membri del pubblico frequentano ancora i delfinari. UB: Che danni può subire un delfino in cattività? DP: I delfini possono soffrire sia fisicamente che psicologicamente in cattività. La loro qualità di vita è gravemente compromessa. Spesso mostrano comportamenti che indicano una cattiva salute mentale e condizioni di vita inadeguate, come comportamenti stereotipati e autolesionismo. Spesso vediamo anche aggressività tra i compagni di vasca, mentre sono costretti a raggrupparsi innaturalmente in vasche stressanti e anguste. UB: Come si affronta la riabilitazione? DP: La riabilitazione dipende dal singolo animale, ma abbiamo una panoramica del nostro protocollo a riguardo, sul nostro sito web DolphinProject.com UB: Centro Dolphin Sanctuary, che progetto è? Ho visto che il primo in Europa è stato aperto proprio in Italia a Taranto. DP: La nostra campagna Dolphin Sanctuary Project mira a riabilitare e rilasciare o ritirare gli attuali delfini in cattività attraverso l'uso di santuari. UB: Perché non è stata ancora definita specie protetta? DP: Esistono molte specie di delfini e il loro stato di protezione varia a seconda della specie e della posizione. UB: La caccia ai delfini è ancora così diffusa nel mondo? C'è un'area con una maggiore concentrazione? DP: La caccia ai delfini si svolge ancora ai giorni nostri. Lo vediamo accadere principalmente in Giappone, Indonesia e Isole Salomone. UB: C'è stata più consapevolezza da parte delle persone su questo tema dall'uscita del film Cove? DP: Lo crediamo decisamente! The Cove ha raggiunto così tante persone e le ha rese consapevoli sia della caccia e delle catture dei delfini che si svolgono a Taiji, sia dei problemi legati ai delfini in cattività. UB: I tragici eventi riportati nella baia di Taiji sono ancora attuali? DP: Sì, dal 1° settembre al 1° marzo i cacciatori escono in mare quasi ogni giorno alla ricerca dei delfini. Il nostro team e i nostri partner sul campo documentano queste cacce e catture dal 2003. UB: Ci sono altre organizzazioni oltre a voi che si battono per la difesa dei delfini in Giappone? DP: Sì e di più ogni anno! Il nostro partner principale in Giappone è Life Investigation Agency. Siamo anche entusiasti di vedere un numero crescente di attivisti e gruppi in Giappone. UB: In che modo Dolphin Project riesce a proteggere la specie? Come si sviluppa il processo di tutela? DP: Spesso dipende dalla situazione e dalla posizione. Siamo in grado di organizzare una risposta all'arenamento nelle aree in cui lavoriamo attivamente e disponiamo delle risorse. Lo stesso vale per la riabilitazione o la confisca quando consentito. Altri metodi derivano dalla diffusione della consapevolezza e dal sostegno alla legislazione, che mira a impedire in primo luogo che i delfini finiscano in cacce, catture selvatiche e/o cattività. UB: Come si può diventare un attivista in prima linea? DP: Abbiamo opportunità di volontariato sul nostro sito Web e guide all'attivismo con tutti i modi consigliati per essere coinvolti. UB: Quali campagne stai conducendo? DP: Oltre al nostro Dolphin Sanctuary Project, abbiamo la nostra campagna Captivity Industry, la campagna Taiji, la campagna delle Isole Salomone e la campagna dell'Indonesia. UB: La condivisione, i social media, il web, fa tutto parte della divulgazione, sempre più persone riveleranno, prima potremo porre fine a questo massacro. Come sfruttare questo potenziale? DP: I social media ci hanno aiutato a diffondere la parola in modo più efficiente che mai. Ci ha dato grandi opportunità per aumentare la consapevolezza dei problemi su cui stiamo lavorando e di come le persone possono aiutare. Un delfino vivo venduto a un delfinario ha decisamente più valore di un delfino morto venduto solamente per la sua carne, che ha un valore di circa $ 600. A Taiji, i delfini vivi sono stati venduti anche ad una cifra di $ 152.000 USD ognuno. La principale causa del massacro è l'industria della cattività motivo economico per il massacro. Il delfino non è considerato un alimento base del Giappone. Tuttavia ci sono state delle serie preoccupazioni di salute riguardo al consumo di carne di delfino o balena, perchè sono state rilevate tossine di mercurio nel tessuto adiposo. Non esistono nemmeno leggi a livello internazionale per tutelare queste azioni. C'è tanta disinformazione legata all'industria dell'intrattenimento, lo sfruttamento dei delfini viene constantemente mascherato sottoforma di investimenti per la loro salvaguardia. Questa non è nient'altro che una forma per illudere il turista e farlo sentire meno colpevole e meno parte di questo sistema. Come accennato nell'intervista l'organizzazione ha anche una campagna attiva per la riabilitazione e la reintroduzione, dove possibile, del Delfino, che si chiama Dolphin Sanctuary Project, dove i santuari non sono altro che habitat permanenti, in grado di curare e reinserire in mare aperto, i delfini che sono stati in cattività. L'istruzione è fondamentale per comprendere e arginare questo fenomeno, come lo è la diffusione, firmare petizioni, e soprattutto impegnarsi a non comprare biglietti di strutture con delfini in cattività. Con queste azioni si può dare una concreta mano a Dolphin Project e a chi quotidianamente si batte per la sopravvivenza dei delfini. Chi volesse contribuire alla causa ha anche la possibilità di adottare simbolicamente un delfino, o donare una offerta per le varie campagne attive. 》Dolphin Project Sito: Dolphin Project | Let's Protect Dolphins Together Instagram: Dolphin Project (@dolphin_project) Facebook: Dolphin Project Twitter: Dolphin Project (@Dolphin_Project) Youtube: Dolphin Project Richard O'Barry Twitter: Richard O'Barry (@RichardOBarry) Instagram: Ric O'Barry (@richardobarry) Ula Bianca - A dream that creates the brand. Connettiamo le persone al mondo digitale e diamo potere all'identità creativa!

  • Calcio Graffiti: racconti di un calcio che non c'è più

    Un tuffo nel passato, con illustrazioni romanzate di personaggi e abitudini, che hanno fatto la storia di un paese e non solo "Nostalgia: il ricordo delle cose passate". Così l'ha definita in una delle sue celebri frasi William Shakespeare. Tutti noi abbiamo un po' di nostalgia quando rivediamo le immagini della partita valida per gli Ottavi di finale dei Campionati del Mondo a Usa '94 (Nigeria-Italia), o quando risentiamo la voce di Sandro Ciotti nell'indimenticabile programma radiofonico "Tutto il calcio minuto per minuto". Per non parlare delle uscite egocentriche dell'ex presidente del Perugia Luciano Gaucci o del Foggia 1991-1992 di Zdenek Zeman, con Signori, Baiano e Rambaudi, ed altri tantissimi aneddoti e ricordi legati a questo fantastico sport che è entrato dentro alla nostra cultura da più di un secolo. Tutto questo possiamo riviverlo e ritrovarlo grazie alle illustrazioni e ai racconti di Antonio Interesse e Fabio Montingelli. ULA BIANCA: Antonio e Fabio, due amici con una passione in comune per il pallone. Che cosa fate nella vita e come vi siete conosciuti? ANTONIO INTERESSE: Eravamo colleghi. Lavoravamo insieme per una società di telecomunicazioni. Adesso le nostre strade lavorative si sono separate. Io (Antonio) insegno in una scuola superiore mentre Fabio continua a lavorare per la stessa azienda. UB: Come e quando nasce Calcio graffiti? AI: Io mi sono sempre dilettato nella scrittura mentre Fabio nelle illustrazioni. Un giorno d’estate ho chiamato Fabio e gli ho chiesto se potevamo unire queste passioni alla passione comune per il calcio. Fabio si sarebbe occupato del disegno e io dei testi. E così, quasi per gioco, è nato Calcio Graffiti UB: Perché la scelta di questo nome? AI: Il nome ha due significati: graffiti come il ricordo di un calcio che non esiste più e graffiti come le illustrazioni di Fabio. UB: Oltre al calcio, quali sono gli argomenti che trattate? AI: Trattiamo di calcio e tutto ciò che lo circonda. Inventiamo racconti sul pallone che parlano del nostro legame col calcio e della nostra infanzia (la schedina, le partite di calcetto, il fantacalcio), ci occupiamo degli stadi cercando di parlare delle città che li ospitano, abbiamo una rubrica in cui creiamo false figurine Panini su personaggi che incidentalmente incrociano il mondo del calcio (Verdone, Fantozzi, Moana Pozzi, Aristoteles). Abbiamo anche inventato un romanzo a puntate sulla storia di un calciatore: dalla nascita al ritiro. Inoltre abbiamo anche una rubrica sullo sport dove parliamo dei personaggi più iconici dello sport in generale. UB: Quanto manca agli italiani il calcio quello con la "C" maiuscola, puro spettacolare e pieno di personaggi iconici? AI: Si gioca, non solo in Italia, un calcio molto atletico dove la prestanza fisica è parte fondamentale. Probabilmente prevale una sorta di omologazione sia a livello tecnico che di personalità. I grandi giocatori degli anni 80 (Maradona, Platini, Matthaus) avevano una personalità straripante che si rifletteva anche sul campo. Oggi si stenta a vedere qualcosa di simile. Però l’ultimo anno fatto di stadi spesso gremiti fa sperare che il pallone possa tornare ad essere la rappresentazione di un popolo, un rito laico in cui gli italiani rivedono se stessi. UB: Tornando indietro a quando l'Italia era al vertice di questo sport, cosa provate nel vedere com'è oggi ? AI: Il calcio italiano vive in un momento di grande confusione dal punto di vista tecnico e gestionale. C’è molta rabbia nel vedere che il giocattolo si sta rompendo spesso per interessi di parte. Il calcio potrà sopravvivere solo se continuerà ad essere il sogno di un bambino che gioca col suo pallone nel cortile di casa perché è sulla passione della gente che si fondano anche i successi economici. Bisogna investire sulla passione della gente! UB: Se doveste scegliere tre figure del panorama calcistico italiano di quegli anni, chi scegliereste? AI: Per primo diciamo il più scontato: Maradona. È stato per noi il genio in assoluto. Lo scugnizzo che usciva dalla povertà per conquistare il mondo grazie alla bellezza del suo calcio. Secondo: Carlo Mazzone. Verace, sanguigno, passionale, Ci ricorda perché amiamo così tanto questo sport. Per ultimo dico un programma e i suoi giornalisti: Sandro Ciotti, Enrico Ameri e compagnia. Nell’epoca in cui non esisteva la Serie A in tv, riuscivano a raccontare il calcio in modo rigoroso e creativo. Alimentando i sogni dei tifosi. UB: Un ricordo calcistico che avete a cuore particolarmente? AI: Italia 90. La nostra infanzia, i caroselli, le notti magiche. Il sogno di un mondiale infranto. UB: Che personaggio vedreste bene fra qualche anno nelle vostre rubriche di racconti? E perché? AI: Amiamo personaggi non omologati. Per esempio Kvaratskhelia ci sembra un personaggio degno di un racconto. Fuori dallo star system, personalità debordante, giocatore tecnico e potente, intelligenza tattica. Quasi naif per i suoi tempi. Meriterebbe un racconto. UB: Calcio e romanticismo forse abbiamo la necessità di rimanere collegati con questo sentimento? AI: Il calcio senza la passione romantica diventa uno sport come tutti gli altri. Invece alimenta la nostra irrazionale parte passionale, per questo lo amiamo così tanto. Se si trasformerà in un normale contenuto per le piattaforme televisive sarà destinato a sparire. UB: Ecco il perché la gente apprezza molto il vostro lavoro e i vostri racconti. Oggi si parla solamente di soldi, sponsor, calciatori strapagati e sponsor mega galattici. In verità siamo sempre gli stessi, che sognano fin bambini di correre dietro ad un pallone per arrivare magari, da grandi, ad essere come i propri beniamini.  È uscito da poco il vostro libro "Calcio Graffiti", ci fareste una piccola presentazione? AI: Il libro è un viaggio nella nostra memoria di malati di calcio, in cui raccontiamo un calcio che non esiste più. Con i calciatori, gli allenatori, le partite indimenticabili, i giornalisti. E poi lasciamo spazio ai racconti di fantasia legati al mondo del pallone (la schedina, la partita di calcetto, la radio). Abbiamo l’ambizione attraverso il calcio di raccontare noi stessi e la nostra inestinguibile parte passionale. UB: Come scegliete i vostri progetti? E qual è il processo creativo? AI: La scelta è varia. Delle volte scegliamo personaggi iconici, altre volte cerchiamo storie più di nicchia degne di un racconto. Sorprendentemente alcuni post “minori” hanno un successo maggiore. Uno dei nostri post più seguiti è stato quello sul “Castel di Sangro”. Le favole calcistiche sono solitamente le più romantiche. Per la creazione dei post cerchiamo di capire come rappresentare una storia e ne decidiamo il disegno e il testo sempre insieme. UB: I Social media, la tecnologia se usati bene possono dare una visibilità enorme al movimento calcio e a raccontare quello che è stato. Qual è il vostro punto di vista a riguardo? AI: I social permettono anche a normali appassionati come noi di approfondire le proprie passioni e di farsi conoscere. Senza i social i nostri disegni e i nostri scritti sarebbero rimasti confinati nell’ambito degli amici e dei parenti. Il rischio è quello dell’eccessiva omologazione. Molte pagine dedicate al calcio sono tremendamente uguali e ripropongono sempre gli stessi contenuti. Un copia e incolla preoccupante. I social sono una straordinaria risorsa da usare con cautela. Questo amore per un calcio lontano forse può derivare dal fatto che la gente si sente sempre meno parte del calcio contemporaneo. Partite in orari diversi, su piattaforme tv differenti, calciatori sempre più lontani dall'immaginario collettivo della bandiera. Questi sono solo alcuni dei motivi per la quale un gran fetta di popolazione si sente attaccata ancora al calcio di una volta. Forse perchè ci sentiamo ancora parte di un sistema che si è evoluto troppo in fretta e in maniera così drastica. Possiamo intanto gustarci questa fantastica raccolta di Calcio Graffiti e per qualche minuto tornare ad essere parte del magico mondo del "calcio di una volta". 》Calcio Graffiti Instagram: Charlie Brown & Fabio_Montingelli_artworks (@calcio_graffiti) Sito: https://www.calciograffiti.it Facebook: Calcio Graffiti Libro: Calcio Graffiti, il libro » Calcio Graffiti Ula Bianca - A dream that creates the brand. Connettiamo le persone al mondo digitale e diamo potere all'identità creativa!

  • Food-Fashion, l'arte di Ruby Perman

    La Fashion Designer che è diventata una STAR DEI SOCIAL creando capolavori col cibo La sottile connessione tra cibo è arte esiste da tempi lontanissimi, si può dire che era già presente nei graffiti preistorici e che ha attraversato tutte le culture, dai Bizantini al Rinascimento, con un solo comune denominatore, la comunicazione. La ricerca di comunicare emozioni, natura, sapori e odori attraverso un dipinto, è stata sempre la priorità. Tanti gli artisti illustri che hanno usato il cibo per esprimere la loro arte, con la natura morta di Van Gogh, Caravaggio, Arcimboldo, Cezanne su tutti, e attualmente con la Pop Art di Warhol, Carl Warner, Tom Wesselmann, Claes Oldenburg, per citarne alcuni. Quella di Ruby Permann possiamo definirla Food Art, la Fashion Designer di Malibù - California, che utilizza il cibo come opera d'arte, e che ha sicuramente lanciato e inventato un nuovo modo di fare arte, utilizzando quello che ha a disposizione nella sua cucina. ULA BIANCA: Hai sempre avuto la passione per l'arte? RUBY PERMAN: Il mio interesse per l'arte è iniziato in tenera età. Crescendo, ho sempre avuto un album da disegno in mano e mi sono divertita a disegnare. Sin da piccola amavo gli abiti da favola e gli abiti da principessa. Nella mia vita da adulta, il mio cervello pensa sempre a modi creativi per abbellire il mondo attraverso l'arte. Ho studiato graphic design e sapevo che sarei sempre stata nel mondo dell'arte. Prima che diventassi fashion food stylist, mio ​​marito ha scritto un libro per bambini intitolato Wookiwoo, I Love You, e io ero l'illustratrice. Possedevamo anche una galleria d'arte a Dana Point, in California. Creare arte alimenta la mia anima e mi rende felice. UB: Come è nata questa tecnica di arte culinaria? RP: Vivendo in California, la mia stagione preferita è... la stagione dei premi! Ogni outfit sul red carpet è davvero un'opera d'arte. Sono anche una grande buongustaia. Adoro intrattenere amici e familiari con bellissime composizioni culinarie. La combinazione del mio amore per la moda e il food design si è fusa proprio all'inizio della pandemia, quando tutte le sfilate di premiazione sono state cancellate a causa del Covid. La mia idea era quella di creare una sfilata di moda in miniatura, sul tappeto rosso nella mia cucina, con celebrità vestite alla moda col cibo. TikTok stava cominciando a esplodere e il mio post - Jennifer Lawrence vestita con una melagrana - è diventato virale, ed è esploso tutto da lì! https://www.tiktok.com/t/ZTR732LQN/ UB: C'è qualche artista da cui trai ispirazione? RP: Adoro ricreare abiti da red carpet e sono in soggiogata da molti stilisti di alta moda - (molti sono italiani!), come Valentino, Gucci e Armani. Una delle mie dichiarazioni di moda preferite è l'abito in tulle di Cenerentola che Ariana Grande ha indossato ai Grammy 2019, disegnato da Giambattista Valli - Ho ricreato l'abito con carta di riso tinta con colorante alimentare e accartocciato in balze: https://www.tiktok.com/ t/ZTR73fqvn/ Ecco le creazioni di Zendaya che indossa Valentino: https://www.tiktok.com/t/ZTR73DFNN/ https://www.tiktok.com/t/ZTR73mdvA/ UB: Che tipo di messaggio vuoi lasciare con la tua arte? RP: Creare arte significa connettere le persone, e sia la moda che il cibo uniscono le persone! La mia principale speranza è condividere l'amore e portare gioia alle persone, un piatto alla volta. UB: Raccontaci un po' di te, chi sei, cosa ti piace fare nella vita e soprattutto cosa facevi prima di diventare un'artista culinaria. RP: Sono un graphic designer diventata fashion food artist. Prendo frutta e verdura, qualsiasi cosa commestibile e sfoggio look di alta moda sui volti delle celebrità. Mi piace viaggiare con mio marito e lasciarmi ispirare dalle culture e dalle cucine di tutto il mondo. UB: Cucinare è arte o artigianato secondo te? RP: Cucinare è un'arte e un lavoro d'amore da condividere con le persone speciali della tua vita. UB: Ti piace cucinare ? Cosa in particolare? RP: Amo cucinare e scoprire nuove ricette. La mia famiglia ama la pasta, quindi mi piace sperimentare con i primi piatti e creare arte con gli ingredienti della pasta! Ecco un piatto che ho creato con gli spaghetti alla marinara: https://www.tiktok.com/t/ZTR73BaBx/ UB: Una delle tue arti preferite che hai creato? RP: Uno dei miei preferiti è quello che ho creato con la Regina del Natale - Mariah Carey! Questo video ha oltre 60 milioni di visualizzazioni: https://www.tiktok.com/t/ZTR73D227/ UB: Un'arte che vorresti invece creare? RP: Sarebbe divertente imparare dal talentuoso pasticcere francese Amaury Guichon! Le sue capacità di modellare il cioccolato sono su un altro livello di creatività! UB: Come spieghi la viralità che hanno avuto i tuoi video? RP: Sono un grande fan della musica pop e degli artisti di talento dietro queste canzoni; quando creo la mia arte cerco sempre di usare canzoni virali e celebrità della cultura pop. Accetto anche richieste: un modo divertente per interagire su TikTok è rispondere ai commenti delle persone e molte delle mie creazioni sono richieste dai miei follower. Adoro leggere i commenti per vedere quali celebrità sono di tendenza. UB: Collabori con molti brand importanti, cosa si aspettano quando chiamano Ruby? RP: Quando collaboro con i marchi, pianifico gli ingredienti in anticipo, in modo che corrispondano al personaggio che sto disegnando. Ho avuto la fortuna di lavorare con Disney, Pixar, Prime Video, Sony, Warner Bros: è divertente quando mi danno i personaggi e mi danno anche carta bianca per essere creativa con i loro outfit! UB: In Italia siamo famosi in tutto il mondo per la cultura e il cibo, cosa ti verrebbe in mente se dovessi scegliere un argomento che abbia a che fare con il cibo italiano? RP: L'attrice italiana più famosa è Sophia Loren - non l'ho ancora creata nel cibo - forse un vestito da tiramisù? 😉 Quasi 120 mila persone su Instagram e circa 2 milioni e su TikTok, seguono Ruby mentre crea nuovi piatti con i suoi outfit. Le celebrità da lei ricreate sono molte: Jennifer Lopez, Nicki Minaj, Rihanna, Cardi B, Elton John, Mariah Carey, Jennifer Anniston, Celine Dion, Shakira e altre stelle del panorama internazionale. Non ci resta che attendere di vedere il prossimo piatto! 》Ruby Perman - Fashion Food Artist Instagram: 𝗥𝘂𝗯𝘆 𝗣𝗲𝗿𝗺𝗮𝗻 (@rubyperman) TikTok: tiktok.com/@rubyperman Youtube: Ruby Perman - YouTube Facebook: facebook.com/rubypermanart Snapchat: snapchat.com/add/ruby.perman Twitter: twitter.com/RubyPerman Ula Bianca - A dream that creates the brand. Connettiamo le persone al mondo digitale e diamo potere all'identità creativa!

  • La Sirena del Ghiaccio

    Barbara Hernandez Huerta, la campionessa cilena alla conquista delle acque gelide del pianeta La chiamano "La Sirena de Hielo" (Sirena del Ghiaccio), Barbara Hernandez Huerta, psicologa e nuotatrice cilena, che dalla sua vanta un palmarès ricco di vittorie e record, l'ultimo in ordine cronologico è quello di essere diventata l'unica nuotatrice a percorrere 2.5km in acque ghiacciate, che le è valso il Guinnes World Record. Pluripremiata anche ai campionati del Mondo di nuoto invernali in Russia (2018) e Slovenia (2019). Alcuni dei suoi record: Prima donna cilena a completare l'attraversamento del Canale di Catalina (vicino la costa californiana), del Canale della Manica e quello del canale di Beagle (Terra del Fuoco). Nel 2018 è stata classificata al primo posto dall'International Winter Swimming Association. Inoltre è stata selezionata come Donna dell'anno, per il nuoto in acque libere del 2020 agli WOWSA Awards, ed è stata inserita anche nella Ice Swimming Hall of Fame nella sua classe 2023. ULA BIANCA: Barbara, sei appena diventata la prima nuotatrice a nuotare per 2,5 km in acque ghiacciate, come ti senti? Anche se in realtà avevi già battuto altri record, come il miglio in acque oceaniche nello Stretto di Drake percorso in 15 minuti BARBARA HERNANDEZ: Il nostro record da Guinness per il nuoto in Antartide è motivo di grande orgoglio, è il risultato di anni di lavoro e di un sogno iniziato più di 10 anni fa, anche così, la verità è che il record è stato la scusa per prendere gli occhi di mondo all'Oceano Antartico e poter parlare della protezione del suo oceano e della creazione di aree marittime protette. UB: A che età hai iniziato a nuotare? BH: Ho iniziato a nuotare a 6 anni e a 17 ho cominciato nelle acque libere. UB: E perché la scelta di affrontare le gelide acque degli oceani? BH: Penso che sia merito del nostro oceano freddo, voglio dire che l'intera costa cilena e l'Oceano Pacifico hanno temperature fredde in estate e estremamente fredde in inverno, imparare a nuotare nelle acque ghiacciate è stata anche un'opportunità per nuotare nei nostri ghiacciai cileni e sognare l'Antartide. Il processo è stato lungo e richiede molti anni di ricerca del supporto, sia da parte delle autorità che delle sponsorizzazioni, quindi nuotare in condizioni estreme diventa un vero privilegio, il mio posto nel mondo, il mio luogo di appartenenza è lì. UB: Bárbara Hernández, grande nuotatrice ma anche psicologa, qual è il legame tra questi due ruoli? BH: Penso di essere stata una nuotatrice molto prima di decidere di diventare una psicologa, ma credo che unire entrambe le passioni sia ciò che mi stimola, connettermi con gli altri, imparare a motivare gli altri e invitarli a lottare per il proprio sogno o desiderio, sia anche qualcosa che mi rende profondamente felice. In un certo senso nuoto anche con le mie emozioni, nell'acqua imparo a vedere e sentire la vita in un modo molto difficile da descrivere. UB: Quanto ti ha aiutato essere una psicologa nel nuoto? Ed essere un nuotatore in psicologia? BH: Come ti dicevo prima, penso che le due cose si completino a vicenda e ti diano una visione diversa del dolore o dello scopo, di lavorare per sogni che agli altri sembrano impossibili. UB: Collabori con Antarctica2020, un'organizzazione che si batte per la conservazione marina, è stato uno stimolo in più per te? BH: È stato un onore essere presa in considerazione, e ricordo ancora che quando nuotavo pensavo all'Antartide, non è più solo per me o per la mia squadra, o per le persone che credono in me, è per prendersi cura e proteggere un Antartide così colpito dai cambiamenti climatici, che tutto il suo ecosistema sta cominciando a cambiare. UB: Puoi dirci in cosa consiste la preparazione per affrontare questo tipo di impresa? BH: Sono anni di preparazione, capisco che per alcune persone è una sfida alla morte, per me è un modo di abbracciare la vita e portare le sfide al livello successivo, quindi l'allenamento deve essere all'altezza, ci alleniamo 6 volte a settimana, fino a 10 km al giorno, pesi, yoga, ho un cardiologo, un fisioterapista, un nutrizionista, ecc. acclimatamento anche alle basse temperature. UB: Qual è la cosa più difficile per te quando affronti queste sfide? BH: La ricerca del supporto, non e' la sfida fisica o la paura, è la logistica e il supporto necessario per realizzarla. UB: Come ti riprendi dopo aver nuotato così a lungo in acque ghiacciate? BH: Un team preparato e specializzato mi aiuta e fa parte del mio staff. Il recupero dall'ipotermia è graduale e devi seguire tutti i protocolli stabiliti. UB: Da Santiago del Cile all'Italia, rimbalzando qua e là per il mondo, i tuoi affari vanno velocissimi, immagino anche i tuoi impegni. BH: Sempre pieno, ma amo quello che faccio e sono privilegiata nella vita grazie a loro. UB: I social network ti hanno aiutato a interagire con il mondo? BH: I social network sono stati un grande alleato, quando li uso, il legame con la mia community è reale e genuino. UB: Un giudizio della psicologa Barbara ora, come vede l'utilizzo dei social network nel mondo di oggi? BH: Li vedo come un modo per creare comunità, dal lato positivo ed essere connessi, anche come un modo per eludere la realtà o venire assorbiti da una forma di comunicazione che ci sfugge di mano in molte occasioni. UB: Qual è il tuo obiettivo? BH: Finire i miei 7 oceani, l'ultimo sarà in Giappone a luglio, scrivere il libro sulle nostre nuotate e aspettare il documentario dell'Antartide, continuare a nuotare intorno al mondo e ovviamente tornare in Antartide! Con un totale di circa 200 km la Oceans Seven è la maratona dei sette canali più insidiosi del mondo (Stretto di Gibilterra, Canale di Catalina, Canale della Manica, Canale Molokai, Canale del Nord e lo Stretto di Cook). Solo 21 persone sono riuscite a completare la Oceans Seven, correnti e onde fortissime, alle meduse e tutti le condizioni di difficoltà che ci possono essere in mare aperto. Non è un'impresa per tutti. Ci vogliono anni di allenamento per ogni singola tappa. I nuotatori devono abituarsi alle condizioni estreme, in modo tale da non surriscaldarsi o andare in ipotermia. Alcune di queste traversate richiedono una nuotata di qualificazione per dimostrare di poter gestire condizioni così estenuanti. 》Bárbara Hernández H. Instagram: Bárbara Hernández H. (@barbarehlla_h) . Antartica: Antartica_cl (@antartica_cl) Ula Bianca - A dream that creates the brand. Connettiamo le persone al mondo digitale e diamo potere all'identità creativa!

  • Mundial Style - Vintage Football

    Quando passione e ricordi si fondono in emozioni per vecchie e nuove generazioni Potremmo chiamarla "Sindrome del Retrò" o anche "Febbre del Vintage", fatto sta che Mundial Style-Vintage Football che conta 182.000 followers su Facebook, rappresenta in pieno questo movimento, che da qualche anno è diventato anche un vero e proprio marketing, tant'è vero che personaggi famosi, vedi Kim Kardashian e il rapper Drake Graham si sono fatti paparazzare con capi calcistici vintage. Non solo, ormai sia brand che società sportive ripropongono retrò kit, linee fedelissime o rivisitazioni in chiave classica, ispirate alle divise del passato, questo funziona anche grazie all'emotività che sprigionano i ricordi di un calcio intramontabile, ma anche per la rarità dei capi, oggi difficili da trovare, e a un design fuori dai canoni. Qui sotto le parole di Fabrizio Pugliares, di Mundial Style Vintage Football per Ula Bianca, sul tema del Football Vintage. ULA BIANCA: Oggi possiamo dire che esiste una vera e propria nuova religione - Il calcio vintage. Come mai, secondo te? FABRIZIO PUGLIARES: Credo che dipenda molto dal fatto che il calcio moderno ha obiettivamente perso quella naturalezza e quella spontaneità del calcio "pre pay-tv", gli appassionati la rimpiangono e i social networks hanno senz'altro contribuito alla nascita di una vera e propria "religione", come giustamente hai citato: il fatto notevole (e di cui sono stupito io stesso), è che anche le nuove generazioni partecipano attivamente a questo culto con devozione e competenza. Devo dire che, personalmente, sono molto soddisfatto, e nel mio piccolo orgoglioso per averne contribuito. UB: È nato un vero e proprio marketing del settore, magliette con frasi celebri rimaste incastonate nella mente di tutti noi, oppure t-shirt con formazioni iconiche di annate storiche. Quanto è diventato cool indossare la nostalgia? FP: L'identificazione in qualcosa che si è vissuto, di cui essere orgogliosi o in qualcosa che non si è potuto vivere, di cui però portarne i simboli, ha sempre attratto le persone, anche in altri ambiti, come la musica o il cinema. Sicuramente la creatività dei designer attuali e l'originalità di certi account hanno fatto il resto. UB: Inspirata al passato, con un occhio al futuro. Cosa intendi? In che modo si riescono a legare le due cose? FP: Credo che in generale, guardare al passato e alla storia non debba essere solo motivo di nostalgia o di rimpianto, ma serva soprattutto a capire come poter migliorarci il futuro; stiamo infatti studiando un qualcosa che unisca il design accattivante degli anni 80-90 con la qualità delle stampe e dei materiali attuali. Stay tuned! UB: Siete una delle pagine vintage più seguite sui social. Come siete riusciti ad avere una community così importante? È stata un esponenziale attrazione per il vintage? O è stata un attrazione graduale? FP: Il nostro progetto è partito nel 2013 "per gioco", la pagina era nata come tributo al calcio degli anni 80 (che ci è molto molto caro), ma poi si è evoluta tantissimo, sia come range temporali che come idee. Sicuramente non avremmo mai pensato di incontrare così tanti consensi e di creare una community così ampia e competente in tutto il mondo. UB: Social e vintage. Come nascono e come si sviluppano i contenuti che utilizzate? FP: Abbiamo apportato (e continuiamo a farlo) negli anni continue modifiche sul modo di presentare i contenuti, a volte è andata bene a volte meno bene. Credo che il nostro piccolo "segreto" sia stato dall'inizio di puntare su post completamente "random", e soprattutto di qualità, mai banali, che spaziano su tutti i fronti del pianeta "vintage" come i videogiochi, i film e le curiosità perdute. UB: Mi ha colpito tanto il vostro logo. Com'è ricaduta la scelta? Un Tango e la scritta col font di MEXICO 86. FP: Volevamo un logo che colpisse a prima vista e che evocasse il mondo del calcio vintage: il mashup tra il Tango e il logo di Mexico 86 direi che ha raggiunto il suo scopo. Siamo molto soddisfatti. UB: La tua squadra vintage per eccellenza? FP: Per quanto mi riguarda credo il Brasile del 1982, perdente ma forse una delle squadre più amate sul pianeta, con giocatori, colori e mood molto evocativi ancora oggi. UB: La tua formazione Vintage ideale? FP: Senza pensarci troppo, direi il "Grande Real" della canzone "Gli Anni" degli 883: anni 80, il mito dello stadio Santiago Bernabeu e giocatori entrati nel mito come Hugo Sanchez e Butragueno. UB: Uno stadio dove ancora si respira quell'aria di calcio Vintage ? FP: Gli stadi inglesi di 1st Division sicuramente, in Italia direi il Luigi Ferraris a Genova per la sua struttura "all'inglese" unica nel suo genere qui. UB: Un cimelio calcistico che vorresti avere a tutti i costi se ne avessi la possibilità? FP: Sicuramente il pallone Azteca della finale di Mexico86, o ancora meglio il Tango della finale del 1982 di Madrid, dove ci siamo laureati Campioni del Mondo. I mondiali di Spagna 82, Pelè e Maradona, i dribbling di Ronaldo il fenomeno, le giocate di Roberto Baggio, la formazione dell'Ajax 94-95 campione d'Europa, queste sono solamente alcune delle chicche nostalgiche che potete trovare all'interno delle pagine social di Mundial Style-Football Vintage per una full immersion di calcio vintage a 360°. Non vi resta che tuffarvi nella collezione più amata di nostalgia del calcio Old School!!! 》Fabrizio Pugliares, di Mundial Style Vintage Football Instagram: Mundial Style (@mundialstylefootball) Sito: Mundial Style - The Nostalgic Old School Football Shop Fabrizio Pugliares: Fabrizio Pugliares (@fabrizena) Redbubble: MundialPixel Shop | Redbubble Ula Bianca - A dream that creates the brand. Connettiamo le persone al mondo digitale e diamo potere all'identità creativa!

  • Pantanal: la casa del Giaguaro

    Qui, Abigail Martin e la sua organizzazione non profit (JIP), conserva e valorizza il felino più grande delle Americhe Da Poconè, stato del Mato Grosso, Brasile, percorriamo la Rodovia MT-060, detta anche Transpantaneira, che dopo 145 km ci porta dritti a Porto Jofre, punto nevralgico del Mato Grosso, cuore del Pantanal, la più grande palude del mondo, diviso tra gli stati del Mato Grosso e Mato Grosso do Sul, meta perfetta per l'eco turismo e habitat ideale per molte specie di animali, qui troviamo alligatori, falchi, capibara, piranha e tanti altri animali che vivono liberi in una delle zone più ricche di biodiversità al mondo. Tra questi anche la Panthera Onca, detto comunemente Giaguaro, il re della foresta pluviale, salvaguardato e protetto grazie anche all'impegno di persone come Abigail. ULA BIANCA: Jaguar Identification Project (JIP), che cos'è? ABIGAIL MARTIN: JIP è un'organizzazione senza scopo di lucro, che si sforza di preservare i giaguari nel Pantanal settentrionale del Mato Grosso, Brasile. Abbiamo diversi punti nella nostra missione: Il primo è seguire da vicino i dati demografici Le relazioni e il comportamento della popolazione tra le specie, ma anche tra altre specie importanti, come la lontra gigante, e il loro comportamento nei confronti dell'ecoturismo. Il secondo è l'uso e il potere della scienza da parte dei cittadini Produciamo una guida annuale sul giaguaro, che il turista della fauna selvatica può utilizzare per saperne di più sul progetto, ma soprattutto per saperne di più su un particolare individuo. Quando stanno osservando un giaguaro, possono usare il suo schema a macchie per trovare la sua corrispondenza nella guida. I giaguari nascono con uno schema a punti unico dalla nascita e invariabile, molto simile a un'impronta digitale umana. La guida incoraggia i turisti ad inviare le loro foto e fare osservazioni sul progetto, utilizzando il nostro sito Web o un'app che uso chiamata Epicollet5. Con queste informazioni possiamo ricavare molte statistiche interessanti riguardo la popolazione faunisitica. Ad esempio, l'anno scorso sono stati inviati al progetto un totale di 886 segnalazioni di giaguari, da 68 diverse persone. C'erano 128 individui, diversi fotografati, 49 di questi erano nuovi, 55 femmine e 50 maschi, i restanti 23 non siamo riusciti a identificarne il sesso. Sono state osservate 26 coppie in fase di accoppiamento e 21 diversi madri con cuccioli. Patrizia (ogni giaguaro ha un nome) ha avuto il maggior numero di uccisioni, Medrosa è stato il giaguaro più visto con un totale di 57 avvistamenti. Terzo punto, un nuovo progetto che stiamo sviluppando chiamato Transpantaneira Jaguar Project, basato a Pousada Piuval Una località diversa che ha anche una grande popolazione di giaguari e prede, ma si trova a soli 10 km da una grande città nota per essere la capitale dell'estrazione di oro del Mato Grosso, la città di Poconé. Questa regione è tradizionalmente utilizzata inoltre per l'allevamento del bestiame, qui i giaguari hanno molte pressioni antropiche da combattere. L'allevamento del bestiame è la più grande minaccia per loro in Brasile, principalmente a causa di come li vedono i "fazendeiros", cioè come una minaccia per il sostentamento. Stiamo lavorando con gli allevatori locali per mostrare che esiste un modo per convivere assieme ai giaguari. Soprattutto qui in questa regione dove il turismo attorno a questi felini è un'industria molto redditizia, tre volte più dell'allevamento di bestiame. È un po' più difficile ottenere informazioni sulla popolazione dei giaguari qui, quindi abbiamo sviluppato una griglia di trappole fotografiche a lungo termine, che ci darà informazioni sulla densità e abbondanza della popolazione. Il quarto punto è l'istruzione Ci sforziamo di educare tutti i ceti sociali, non solo sui giaguari ma anche sul Pantanal, che è una delle zone stagionali umide d'acqua dolce, più ricche di biodiversità del mondo. E sorprendentemente non molte persone conoscono questo posto speciale. Speriamo di usare il giaguaro come simbolo per attirare maggiori sforzi per conservare e proteggere il Pantanal. Lavoriamo anche con volontari biologi, che portano insegnanti di inglese nella regione per aiutare la comunità a sviluppare le loro competenze, che permetteranno loro di crescere nel loro mestiere e per l'ecoturismo che li aiuterà con l'economia. UB: Come è arrivato una biologa americana nel Mato Grosso? AM: Così tante persone mi chiedono, "Cosa ti ha portato qui, come hai iniziato a lavorare con i giaguari?" E ad essere onesta non ne ho idea, dato che il mio studio indipendente era sui Sailfin mollies, piccoli pesci d'acqua dolce, che si trovano nei corsi d'acqua in tutto il sud-ovest degli Stati Uniti e in America centrale. Tuttavia, senza l'Ohio Wesleyan University non avrei mai nemmeno scoperto il Pantanal. Nel mio ultimo anno partecipai ad un corso di apprendimento sui viaggi chiamato: Plant's Responses to Global Change. Studiavamo come il cambiamento globale influenza il mondo da un livello macro a un livello micro, con il Brasile come caso di studio. Per la sezione di laboratorio del corso dovevamo andare in Brasile e vedere questi ecosistemi preziosi, che su cui avevamo studiato nei 5 mesi precedenti. La nostra ultima tappa fu il Pantanal, e ha cambiato per sempre la mia vita. Dicono che il Pantanal lascia qualsiasi biologo con un tipo di malattia, la febbre del Pantanal, una necessità di tornare indietro ad esplorare, e penso di averla avuta peggio di chiunque altro. Appena uscita dal college e desiderosa di prendermi una pausa tra la scuola di specializzazione, ho contattato alcune persone, attraverso le quali ho trovato un "Flotel", che necessitava di un un biologo per giaguari, di lingua inglese, non sapevo nemmeno di essere capitata nel cuore della più densa popolazione mondiale di giaguari. Crescendo ho sempre amato i gatti, ma non sapevo nulla di giaguari, tutto stava per cambiare. Dopo tre mesi sul Flotel e 254 ore di osservazioni personali sul giaguaro, inviai un e-mail a Peter Crawshaw Jr, il primo brasiliano a mettere radiocollari sui giaguari negli anni '70, mi rispose “che tu ci creda o no, potrei davvero imparare qualcosa da te sul comportamento del giaguaro ”. Perché fino all'inizio degli anni 2000 era quasi impossibile osservare i giaguari nel loro ambiente naturale. Sapevo allora che questa non era la fine, e il giaguaro ora era diventato più che un semplice lavoro estivo divertente. Ho usato l'ispirazione dei miei colleghi e le abilità che ho imparato sul Flotel per avviare il Jaguar Identification Project. UB: Come proteggi il giaguaro? È ancora un animale in via di estinzione? AM: Ci sono molti modi per proteggere i giaguari, potrei entrare in molti dettagli qui, ma se dovessi darti una risposta, sarebbe la conservazione del territorio. I giaguari sono animali estremamente intelligenti e molto opportunisti, sono noti per sopravvivere in tutti i tipi di ecosistemi. Ma quando la foresta se ne va, anche la preda se ne va, ed è allora che hai un grosso problema. Proprio come qualsiasi altro predatore, sposterà l'attenzione su una specie diversa e nella maggior parte dei casi in Brasile, il bestiame. Loro disboscano la terra per far crescere l'erba, o nutrire il bestiame, per poi inseguire i giaguari per l'unico cibo che hanno a disposizione. Nonostante le morti causate dal conflitto sul bestiame, cacciatori sportivi e cacciatori di pellicce sono una minaccia molto maggiore per la sopravvivenza complessiva della specie, perchè l'uccisione indiretta di giaguari avviene attraverso la distruzione del suo habitat. Negli anni '60 e '70 circa 18.000 giaguari venivano uccisi ogni anno per il loro bellissimo manto, li ha quasi portati all'estinzione. Dopo essere stato elencato nell'Appendice 1 della CITES (il più alto livello di protezione internazionale) nel 1973 la popolazione ha potuto recuperarne alcuni. Dipende dal governo, i giaguari sono elencati oggi come quasi minacciati a livello globale dalla Lista Rossa IUCN ma in Brasile sono elencati solamente come vulnerabili. UB: L'uomo è ancora il fattore più pericoloso per il giaguaro? AM: Sì. I giaguari sono predatori all'apice e sono in cima alla catena alimentare. Hanno il più potente morso di tutti i grandi felini del mondo. Molto più potente della tigre o del leone. Ma l'uomo ha pistole, macchine e veleno e come ho detto sopra, il conflitto tra bestiame e giaguaro è una delle minacce più grandi per i giaguari nel Pantanal. Stimiamo che vengano uccisi 200-300 giaguari ogni anno nel Pantanal dagli allevatori di bestiame. Senza le nostre pistole, macchine e veleni, non avremmo alcuna possibilità contro il giaguaro. UB: Il bracconaggio è ancora molto presente? AM: Il bracconaggio è più una cosa del passato soprattutto nel Pantanal, ma si verifica ancora in alcuni regioni. Alcune culture come i cinesi hanno iniziato a raccogliere parti di giaguaro per il loro potere, poiché non sono rimaste molte tigri. È un problema molto più grande anche in Bolivia e Suriname. Anche la caccia sportiva in Brasile si verifica ancora, ma molti casi vengono assicurati alla giustizia, come l'ignoranza delle persone che pubblicano foto nei gruppi WhatsApp e nei social media. Nel 2015 quello era il trofeo di caccia sportiva più conosciuto nel Pantanal di cui sono a conoscenza. Nel 2021 JIP è stato in grado di utilizzare dati e informazioni, per mettere in prigione un uomo che ha pubblicato un video di lui sdraiato con un giaguaro morto che aveva sparato. UB: Con l'espansione del turismo nel Pantanal, è stato quindi uno spazio geografico creato tra natura selvaggia e allevamenti di bestiame, questo facilita la conservazione del giaguaro? AM: Anche questo è qualcosa che stiamo cercando di sviluppare. Vogliamo costruire un corridoio del giaguaro che collega l'intera autostrada Transpantaneira a Porto Jofre, dove si forma l'Encontro das Águas State Park, è un vero paradiso per i giaguari. Facendo in modo che le logge uniscano le forze con noi, usando il turismo del giaguaro, come un modo per compensare le perdite subite da questi allevatori, con gli Ecolodge, se solamente gli allevatori si impegnassero a smettere di cacciare le prede, uccidere giaguari, e abbattere la loro foresta, potremmo usare una tassa ecologica sui giaguari delle ldoges, fornendo una sorta di premio a fine anno, una volta mantenuto il loro impegno. UB: Quanto può aiutarti il ​​mondo digitale nel tuo lavoro? AM: Riceviamo la maggior parte del nostro supporto e dei nostri follower, tramite i nostri social media. Nel 2020 quando sono scoppiati quei terribili incendi nel Pantanal, siamo stati in grado di utilizzare i social media per raccogliere quasi 90.000 dollari, che abbiamo utilizzato per costruire tagliafuoco, squadre di soccorso per animali e attrezzature antincendio. Ogni volta che abbiamo un bisogno urgente, siamo in grado di raggiungere il mondo digitale per chiedere aiuto. UB: Che attrezzatura usi per i tuoi progetti? AM: Usiamo molte attrezzature, ma la cosa che usiamo di più sono le macchine fotografiche. Entrambe le trappole fotografiche con fotocamere DSLR. Ovviamente la nostra barca è un vantaggio enorme. L' Endangered Species Fund of Canada mi ha aiutato con metà dei fondi per acquistarla nel 2017. Ora con la griglia della trappola fotografica, abbiamo davvero bisogno di un camion 4x4, per accedere a queste località remote. A volte dobbiamo usare cavalli e quad perché l'accesso è veramente troppo difficile. UB: la tua area è definita "il più grande sistema di aree protette del mondo" quanto è grande? AM: Il Pantanale è il terzo bioma più grande del Brasile dopo l'Amazzonia e il Cerrado. La quantità di acqua nel Pantanal può variare a seconda delle inondazioni e della siccità annuale, la sua dimensione in continua evoluzione, le zone umide sono stimate tra 140.000 e 195.000 kmq. Il Pantanal si riempie per circa l'80%, durante la stagione delle piogge annuali, da novembre ad aprile, praticamente grazie a questo, si protegge dallo sviluppo umano, e dalla distruzione dell'habitat. Le acque dolci supportano un ecosistema sorprendente e biologicamente diversificato della vita acquatica, la sovrabbondanza di primavera e la silvicoltura forniscono un habitat per una vasta gamma di vita terrestre. I giaguari per natura sono gatti acquatici, motivo per cui il Pantanal è uno dei pochi ecosistemi in grado di supportare un tale numero di questi felini, il Pantanal è semplicemente un paradiso per i giaguari. UB: Natura incontaminata, giaguari e cos'altro? Uno spot per il turismo nel Pantanal AM: Ogni giorno nel Pantanal vengono documentate nuove specie di flora e fauna. I ricercatori hanno trovato una fonte illimitata di vita da scoprire, una specie critica qui, come il giaguaro, la lontra gigante. Ara giacinto, Marsh deer, enormi mandrie di capibara e Nandù, milioni di caimani, 260 diverse specie di pesci, 80 diversi mammiferi, questi numeri non mi fanno nemmeno andare avanti con il conto sulle specie aviarie. È uno delle prossime località preferite per il birdwatching al mondo, dopo l'Africa orientale, con un totale di 697 specie di uccelli. Il Pantanal, alimentato dagli affluenti del fiume Paraguay, si trova principalmente nella parte occidentale del Brasile, tra gli stati del Mato Grosso e del Mato Grosso do Sul. Il primo grande passo di conservazione del Pantanal si è verificato nel 2000, quando l'UNESCO lo ha dichiarato Patrimonio dell'Umanità. La principale causa per la conservazione è stata quella di garantire l'integrità della più grande zona umida d'acqua dolce del mondo. UB: Qual è il tuo obiettivo con JIP? AM: Il nostro obiettivo principale è costruire questo corridoio di che ho già menzionato poco fa, l'altro è quello di trovare la strada migliore per le persone del Pantanal, per convivere con i giaguari. Alla fine, se mai otterremo finanziamenti in denaro per spostarci di più verso la conservazione del territorio nel Pantanal, Il mio sogno sarebbe quello di creare un parco nazionale del Giaguaro nel Pantanal. Giaguaro Si presume che la parola »giaguaro« derivi dal termine yaguara, espressione delle lingue tupi-guaraní, che significa » bestia selvatica che abbatte la preda con un balzo «. Nella mitologia Per le civiltà precolombiane il Giaguaro ha avuto un ruolo differente ma fondamentale. Per i Maya il dio Giaguaro era un demone, causa di guerre e catastrofi, ritenuto anche in grado di aiutare i morti ad attraversare il mondo sotterraneo e completare il viaggio per la reincarnazione. I sacerdoti Giaguaro erano Il tramite col regno dei morti. Inoltre è la raffigurazione con cui descrivevano gli individui molto coraggiosi e abili. Per la mitologia azteca era la divinità dei terremoti e degli echi ma anche probabilmente dei morti. Rappresentavano inoltre i guerrieri giaguaro, una delle formazioni dell'esercito azteco. Gli Inca credevano che era un'entità buona e portatrice di cibo. L'etnia indigena Gauranì dice che il giaguaro è una divinità che periodicamente mangia la sacra Yasi, la Luna, lasciando l'umanità per un tempo lunghissimo, praticamente la spiegazione che davano alle eclissi lunari. 》Jaguar Identification Project Instagram: Jaguar Identification Project (@jaguaridproject) Facebook: Jaguar Identification Project - Wetland Reseach Center Inc. | Canastota NY Youtube: Jaguar Identification Project - YouTube Sito: Jaguar Identification Project | Brazil | Jaguar Conservation Abbie Martin Abbie Martin (@jaggiemartin) Ula Bianca - A dream that creates the brand. Connettiamo le persone al mondo digitale e diamo potere all'identità creativa!

  • Street photography e Giappone

    Un legame profondo tra cultura ed emozioni nella capitale della fotografia di strada Parola di Miyan , che utilizza la street photography per immortalare le aree urbane di un paese in costante cambiamento. Ula Bianca: Il tuo stile è la street photography giusto? Miyan: Si sono specializzato nella fotografia di vecchi edifici del primo periodo Showa in Giappone. UB: Dove vivi e qual è la tua formazione scolastica? M: Vivo nella prefettura di Saitama, vicino a Tokyo. E ho studiato lingue all'Università, soprattutto cinese. UB: Fare il fotografo è il tuo lavoro? M: No, il mio lavoro è l'impiegato, faccio foto nel tempo libero. Il mio obiettivo è diventare un fotografo professionista. UB: Perché hai scelto la street photography? M: Amo la storia fin da bambino. Quindi adoro vedere le vecchie strade storiche. Ma in Giappone molti edifici, anche di valore storico, vengono demoliti. Perché la maggior parte degli edifici giapponesi sono fatti di legno. E in Giappone ci sono molti terremoti. Quindi voglio scattare foto per lasciare il loro ricordo. UB: Quanto è importante la cultura giapponese nella tua fotografia? M: Molto importante. Perché è importante per me lasciare una traccia della storia della gente comune giapponese. UB: Invece quanto è importante l'innovazione? M: Non importa se la mia fotografia è innovativa o meno, l'importante è che io possa esprimere cose belle in modo altrettanto bello. UB: Cosa vuoi trasmettere del Giappone al resto del mondo con la tua fotografia? M: La strada è la traiettoria della vita di tante persone. Voglio trasmettere che anche molte persone nelle nazioni insulari dell'Estremo Oriente hanno vissuto la loro vita al massimo. UB: Cosa significa arte di strada? Se dovessi spiegare a qualcuno che non la conosce. M: Significa che "La vita di per se è bellissima". UB: Come è iniziato il tuo processo creativo e come si sviluppa? M: All'inizio, ho pensato che sarebbe andato tutto bene se avessi scattato foto solo come ricordo. Ma ho capito che se non avessi catturato l'atmosfera della città, non avrebbe funzionato. Quindi sono passato da una fotocamera compatta a una fotocamera mirrorless dove potevo sostituire gli obiettivi. Dopo di che ho provato molti obiettivi. Dalle vecchie lenti alle ultime. Alla fine, ho scoperto che gli obiettivi Carl Zeiss sono i più vicini all'immagine che avevo in mente. Zeiss Loxia 2/50 è il mio preferito in questo momento. Dopodiché, immagino che la cosa più importante sia scattare molte foto. UB: Perché Tokyo è una delle città più influenti per la street photography? M: Tokyo non ha solo cose nuove, ma ha anche il caos plasmato dalla sua storia. Tokyo è stata rasa al suolo nelle guerre precedenti, poi gradualmente ricostruita per diventare una delle città più prosperose del mondo. Tutta la storia è conservata a Tokyo. La traiettoria di quella storia crea il caos di Tokyo. È come "Blade Runner". UB: In Giappone, la cultura del consumismo e la fotografia sono due cose legate dallo stesso filo? La vendita di prodotti di qualità è così alta? Perché la tecnologia è così sviluppata nel tuo paese? M: Dopo aver perso la guerra, i giapponesi hanno perso tutto. In una vita di povertà e fame, la cosa più importante era diventare più ricchi materialmente. I giapponesi vanno avanti alla ricerca del consumismo materiale, le culture sono state create alla base di questo. Sin dai tempi antichi, i giapponesi hanno considerato l'artigianato un bel settore. Quindi c'era un terreno in cui la tecnologia sì è sviluppata facilmente. UB: Che rapporto hanno i giapponesi con i social network? E soprattutto la fotografia giapponese con i social network? M: Penso che i giapponesi siano molto timidi, quindi a loro piace molto esprimersi attraverso le foto sui social network. Anche per me è così !! Quello che salta all'occhio della sua fotografia è il mix che c'è tra le strutture tradizionali e quelle più contemporanee, quasi a definire il solco tra epoche lontane fra loro. Altra caratteristica che traspare è la cultura, come quella dell'era Showa, forse la più importante e significativa, dove ritroviamo tutto ciò che conosciamo oggi del Giappone attuale. L'era Showa (1929-1989) , è stata un'era significativa per il Giappone. Il nome dell’era che corrisponde al regno dell’imperatore Hirohito, conosciuto come l’imperatore Shōwa (Shōwa tennō 昭和天皇). Epoca che ha attraversato guerre e devastazione ma anche crescita e prosperità, dovuta soprattutto all'impronta made in USA, che dopo la seconda guerra mondiale , diede una mano ad un Giappone martoriato e sconfitto, esportando usi e costumi e contribuendo alla rinascita del paese. 》MIYAN(宮崎陽吉) Instagram: MIYAN(宮崎陽吉) (@miyan_1980) • Twitter: Miyan Ula Bianca - A dream that creates the brand. Connettiamo le persone al mondo digitale e diamo potere all'identità creativa!

  • We Make Future: tecnologia, inovação e digital

    Conheça o Festival Internacional mais importante da Europa sobre inovação digital e social Temos o prazer de anunciar a nossa parceria com o evento de grande importância internacional, que será realizado em Rimini Fiera, Itália, nos dias 15, 16 e 17 de junho, onde será abordado a inovação, tecnologia e digital. Em janeiro, a Ula Bianca se tornou Media Partner da We Make Future, um evento da empresa Search On Media Group S.r.l. O que é o We Make Future? Um Fesival sobre inovação digital e social, que nasceu em 2013 que há alguns anos é realizado em Rimini Fiera, Itália. Serão abordados vários temas, da inteligência artificial à sustentabilidade, passando pela robótica, metaverso, SEO, turismo agritech, cultura demais esferas. Alguns dos convidados desta edição: Robô Sophia (Hanson Robotics); Jerry Kaplan (Cientista, Especialista em IA, Pioneiro do Vale do Silício e Inventor de Tablets); Manuel Castells (Professor Presidente de Tecnologia e Sociedade de Comunicação, Univ. Sul da Califórnia); Alessandra Prampolini (Diretora Geral do WWF Itália); Nicola Gratteri (Procurador da República de Catanzaro); Antonio Nicaso (Jornalista e autor); David Hanson (Fundador e CEO da Hanson Robotics); Muitos outros palestrantes também estarão presentes como Rika Nakazawa (Vice-Presidente Global, Novos Empreendimentos e Inovação e Chefe de Sustentabilidade – NTT), Soheyla Haghighi (Co-fundadora da Intraverse, Web3 e Metaverse Expert), Nataliya Grimberg (Estrategista de Moda, Luxo e Metaverso), Fabio Lalli (CEO e Fundador IQUII, Empreendedor, Consultor), Erwin Voloder (Senior Policy Fellow, European Blockchain Association), Charlene Fadirepo (CEO da Mango Digital Strategies), (Content Creator & Invisible Diseases Activist), Raffaele Gaito (Founder GrowthProgram.academy), I Sansoni (Content Creators), Takoua Ben Mohamed (Jornalista gráfico e Autor), Purna Virji (Evangelista Sênior de Marketing de Conteúdo, LinkedIn), Aleyda Solis (Consultora e Fundadora de SEO, Orainti), Brad Geddes (PPC Geek & Official Google Ads Seminar Leader, co-fundador da Adalysis). Estes são apenas alguns dos nomes que irão compartilhar as habilidades em treinamentos durante o evento. We Make Future organiza várias iniciativas ao longo do ano, como o Roadshow Internacional que com 29 países e 5 continentes constrói o futuro. Outras iniciativas, como o Italian Roadshow, permite levar eventos da WMF a aldeias ou cidades, ajudando a difundir a cultura inovadora na área, ou o WMF HUBitat, que tem mais de 45 centros territoriais de inovação e sustentabilidade. No site We Make Future você pode encontrar todas as informações para fazer parte dessas iniciativas. Os números de We Make Future 2022 Mais de 36.000 participantes, 700 palestrantes, 300 expositores, mais de 6 milhões de espectadores de transmissão ao vivo, 8 salas de exposições, 1000 startups e empresas de mais de 49 países, 100 treinamentos, entretenimento, cultura, reuniões B2B e concertos. "Não somos um evento, somos uma ferramenta a serviço da sociedade. Não somos um caminho justo, somos um caminho de aceleração. Não somos um festival, somos ativistas. Somos uma plataforma para construir o futuro." Cosmano Lombardo - CEO do Search On Media Group e criador da WMF Serão três dias incríveis, e estamos orgulhosos de poder contribuir de alguma forma para o crescimento inovador e cultural deste planeta. Construa sua #WMF2023 conosco!!!

  • Orso Polare, una specie che rischia di scomparire

    L'intervista a Jenny Wong, la fotografa e ambasciatrice di Polar Bears International che porta avanti la campagna per la loro salvaguardia Pochi giorni fa si è celebrata la Giornata Mondiale dell'Orso Polare, uno dei carnivori più grandi del pianeta, che però nulla può contro il cambiamento climatico e l'inquinamento del suo habitat, che stanno mettendo a rischio la sua esistenza. Da un po' di anni è stato inserito nella lista delle specie vulnerabili dall' International Union for Conservation of Nature - IUCN. CARATTERISTICHE Gli esemplari di maschio adulto possono arrivare a pesare fino a 700 kg e misurare fino a 3 mt di altezza. Le femmine invece possono avere un peso di 250 kg e con un'altezza di 1.50 mt. La loro aspettativa di vita è di circa 25-30 anni. In acqua la sua velocità può toccare i 10 Km/h. Abbiamo voluto fare alcune domande a Jenny Wong, la fotografa che si batte in prima fila per questa causa. ULA BIANCA: Scienziata pazza, che racconta storie selvagge, questo dice il tuo profilo Instagram, chi è Jenny? Jenny Wong: Sono solo una fotografa con una laurea in Scienze e una particolare curiosità per il mondo della natura. Quanto più tempo trascorri e cerchi ambienti incontaminati, con attorno creature meravigliose, tanto più sviluppi il desiderio e l'obbligo di fare la tua parte per proteggerli. Come fotografo scatto foto in natura e in cambio posso solo essere ripagata con il patrocinio. L'alfabetizzazione scientifica è incredibilmente importante, soprattutto per quanto riguarda la consapevolezza del cambiamento climatico. A volte una foto o un video possono attirare l'interesse ad imparare qualcosa, e forse, semplicemente ispirare le persone a cercare spazi naturali, li aiuterà a trovare il bisogno e l'amore per aiutare anche la natura. La conservazione è possibile solo con il sostegno della comunità, sia a livello locale che globale. Quando si tratta di cambiare la traiettoria del cambiamento climatico, è uno sforzo globale. Oltre ad essere una fotografa, sono un comunicatore e una story-teller, che cerca di trovare punti in comune con se stessa per aiutare e dare la carica in un movimento globale: tutti abbiamo i nostri punti comuni e i nostri ambienti di influenza, quindi spero vivamente che altri parlino per i luoghi selvaggi che amano. Le loro storie e prospettive uniche saranno da esempio per qualcuno là fuori. UB: L'intero ecosistema artico è un po' a rischio, vero? JW: Assolutamente, in un recente rapporto l'Artico si sta riscaldando 4 volte di più rispetto al resto del pianeta. I flussi e riflussi dell'oceano artico determinano così tanto non solo nell'ecosistema artico, ma anche nel clima globale e nei flussi di nutrienti intorno a tutti gli oceani della terra. Il ghiaccio marino è il condizionatore d'aria della nostra Terra, la sua superficie bianca lucida riflette i raggi caldi del sole nello spazio e in sua assenza l'oceano oscuro lo assorbe. Questo è chiamato effetto albedo. Lo scioglimento del ghiaccio marino e delle calotte polari influisce anche sulla salinità dell'Oceano Artico, che in breve influisce anche su tutti i flussi di nutrienti, in tutti gli ecosistemi e in tutti i nostri oceani. A livello locale, l'assenza di ghiaccio influenzerà la fioritura delle alghe del ghiaccio marino che è alla base dell'ecosistema artico che nutrono i piccoli organismi marini fino alle foche e agli orsi polari. La scomparsa del ghiaccio marino rappresenta una minaccia per gli Orsi Polari che cacciano sul ghiaccio, per le foche che si nascondono nel ghiaccio, per le balene che cercano protezione dai predatori sotto il ghiaccio, per essere semplicemente lo pseudo suolo del mondo sottomarino e per le alghe del ghiaccio stesso su cui tutto è costruito. Alcuni pesci, uccelli e balene percorrono lunghe distanze migratorie verso le acque artiche per riprodursi o nutrirsi. Quindi si , l'intero ecosistema artico è a rischio, ma gli effetti a catena di questo ecosistema molto lontano influenzano molte cose vicino casa per tutti noi. UB: Cosa si può fare per proteggerlo? JW: A livello globale abbiamo semplicemente bisogno di ridurre le emissioni per limitare i danni che abbiamo fatto. Chiunque, e ovunque tu stia votando a livello locale e nazionale per un futuro energetico sostenibile con un'impronta di carbonio bassa o pari a zero, è il più grande segnale che tutti possiamo dare. Le emissioni di carbonio sono legate a tutto ciò che facciamo anche per sopravvivere, dal cibo all'energia, ai trasporti e al modo in cui tutto è costruito. Le politiche che responsabilizzano le aziende assicureranno che abbiamo la possibilità di vivere in modo più pulito. Sicuramente possiamo cambiare le nostre abitudini per aiutare questa causa, ma dobbiamo anche capire che spesso avere delle scelte è un privilegio che non tutte le persone hanno. Abbiamo bisogno di politiche in modo che sia equo per tutti, dai paesi che hanno tutto a quelli che non hanno nulla, poter condurre una vita a zero emissioni di carbonio, non solo per quelli che possono permettersi una Tesla. UB: Quali soluzioni possiamo adottare? JW: La nostra specie nel corso dei millenni ha avuto così tante innovazioni. Quando ci poniamo una sfida, siamo sempre all'altezza per affrontarla. Siamo la specie di maggior successo su questo pianeta per un motivo. Ci sono soluzioni e innovazioni in atto su tutti i fronti. Dalle auto elettriche, alle energie rinnovabili sostenibili, alla cattura del carbonio e alla carne fatta in laboratorio. Il cambiamento e le novità sono spesso accolti con scetticismo e paura, ma se vogliamo prosperare penso che dobbiamo mantenere una mente aperta a queste nuove idee. Forse potrebbero non essere eque per tutti in questo momento, ma cambiare sistematicamente il modo in cui esistiamo non avviene dall'oggi al domani. Facciamo tutti parte del sistema e quindi tutti abbiamo il potere di influenzare il cambiamento, aiutare a sostenere le idee anche se non è giusto per te, con la crescente domanda credo che il mercato le accoglierà. UB: Cambiamento climatico, inquinamento ambientale, deforestazione, come influisce tutto questo su specie come l'orso polare? JW: Gli esseri umani hanno confini, la natura no. Gli ecosistemi più diversi, dalle foreste tropicali al ghiaccio, sono tutti collegati. Per correnti, sistemi di pressione, vento, specie migratrici: la natura non conosce confini. Gli esseri umani hanno sentito e visto gli effetti del cambiamento climatico, dell'inquinamento ambientale e della deforestazione proprio come gli orsi polari e altre specie. Il numero di morti dovute all'inquinamento atmosferico in tutto il mondo è sbalorditivo, dalle inondazioni agli incendi siamo stati cacciati dalle nostre case e dalle città, la differenza è che noi abbiamo dei rimedi per questo, diamo ai nostri figli inalatori per calmare la loro asma, chiudiamo un occhio sui paesi del terzo mondo dove le persone muoiono effettivamente per l'inquinamento atmosferico, spostiamo le nostre città e disboschiamo la foresta per essere più al sicuro dagli incendi boschivi. Fino a quando i rimedi smetteranno di funzionare. Gli scienziati hanno notato condizioni corporee peggiori negli orsi polari e un minore successo nell'allevamento fino all'età riproduttiva. Il ghiaccio marino scompare prima in primavera e arriva più tardi in autunno, rendendo più lungo il periodo di digiuno sulla terraferma. Gli orsi polari si accoppiano in primavera, ma solo se le condizioni fisiche della madre sono buone, l'uovo si impianta e lei va a rintanarsi. Più lungo è il periodo di digiuno, più difficile sarà per le madri essere in buone condizioni per avere successo nella tana e allevare i suoi cuccioli. In alcuni luoghi dell'Artico ora, le madri devono nuotare per lunghe distanze fino a un'adeguata area per rintanarsi sulla terraferma da dove stavano cacciando, sprecando preziose calorie, che dovrebbero essere utili per lei e per i suoi cuccioli. Questi sono luoghi che un tempo erano accessibili agli orsi per camminare sul ghiaccio e di conseguenza nuotavano molto meno. UB: Passione per la natura, per gli animali e gli orsi polari, perché? JW: L'interesse per salvare la natura è in realtà quello di salvare noi stessi. Dicevamo di salvare il pianeta per i nostri figli, ma oggi quella sequenza temporale è davvero all'interno della nostra vita. La meravigliosa vita che abbiamo, il futuro sicuro su un bellissimo pianeta e l'economia che conosciamo sono davvero sulla stessa linea temporale. Alcuni ne parlano da estremi polari, ma un'economia basata sul petrolio con la frequenza che stiamo spendendo si esaurirà entro questo secolo, e quando il tenore di vita è legato al consumo di energia, non fa altro che altro che portarci in periodi bui, a meno che non lo facciamo in modo pianificato, solido e per un futuro più sostenibile. Su una linea temporale ancora più breve, il nostro tempo per agire sul clima per limitare il riscaldamento dei nostri pianeti di 1,5°C si sta avvicinando. A 1.5°C vedremo ancora dei cambiamenti, ma la vita come la conosciamo sarà in qualche modo stabile. Amo gli orsi polari e l'Artico, ma sostengo con passione perché vale per me stesso e per coloro che amo su questo pianeta. UB: Che tipo di animale è? JW: Gli orsi polari si sono perfettamente adattati a uno dei luoghi più inospitali della terra. Sono incredibilmente intelligenti e spesso, mentre li guardi, sembra che "vedano" il mondo attraverso il loro naso. La loro pelliccia straordinariamente "bianca" è in realtà trasparente e cava in modo tale da riflettere la luce. Fa così caldo che spesso gli orsi possono surriscaldarsi solamente a causa della corsa. Un altro isolante è il loro spesso strato di grasso, che nell'acqua è ciò su cui fanno affidamento per riscaldarsi. Le loro zampe sono enormi, perfette per navigare nel ghiaccio sottile per una creatura pesante e ottime anche per nuotare. Sulle loro zampe hanno piccole protuberanze morbide chiamate papille che aiutano ad afferrare il ghiaccio, e la pelliccia tra le dita dei piedi e i cuscinetti aiuta a mantenere il calore. I loro artigli sono spessi, ricurvi, forti e affilati per la caccia alle foche. Gli orsi polari hanno orecchie e code piccole per prevenire la perdita di calore. La cosa più interessante è che con la loro dieta ricca di grasso, non hanno malattie cardiovascolari! UB: Collabori con Polar Bears International, quali progetti stai portando avanti? JW: Sono un ambasciatore fotografico per Polar Bears International. Insieme ai miei colleghi ambasciatori, aiutiamo con le foto che aiutano a convogliare il pubblico nel mondo dell'orso polare e nel mondo della scienza polare. UB: Dove si trovano questi animali? Nelle aree protette? Quanti esemplari rimangono? JW: Il conteggio degli orsi polari è un'impresa molto costosa e quindi con le risorse limitate vengono fatte stime. Le stime attuali dicono che nel mondo esistono tra 22.000 e 31.000 orsi polari, e la maggior parte di loro risiede all'interno e intorno all'Artico canadese e al subartico. UB: La pandemia ha aiutato il processo di recupero dell'ecosistema? JW: Forse molti luoghi hanno visto meno visitatori, ma per quanto riguarda l'Artico e il cambiamento climatico, il taglio delle emissioni dovuto alla pandemia è stato in realtà di breve durata. Siamo tornati a livelli quasi pre-pandemici fine 2020. Con l'infrastruttura energetica mondiale che esiste oggi per condurre una produttività economica limitata di base, stavamo ancora emettendo troppo. In realtà era correlato a ciò che molti hanno affermato che ridurre non è davvero pratico, e l'unico mezzo per mantenere la vita come la conosciamo e raggiungere i nostri obiettivi climatici è passare a una tecnologia a basse emissioni di carbonio. UB: Si è appena conclusa breve ci sarà la giornata internazionale dell'orso polare, ci racconti come è nata? JW: Polar Bears International ha fondato la giornata internazionale dell'orso polare in modo che coincida con il periodo in cui le mamme e i cuccioli di orso polare sono al sicuro nelle loro tane. Come parte della nostra celebrazione, ci concentriamo sulla necessità di proteggere le famiglie rintanate in tutto l'Artico. POLAR BEARS INTERNTIONAL Polar Bears International, organizzazione no profit nata nel 1992 con sede a Churchill-MB, Canada, è formata da un team di ambientalisti, scienziati e volontari, che lavorano uniti per garantire un futuro all'orso polare nell'Artico. L'unica organizzazione che si occupa esclusivamente dell'orso polare selvatico, la loro missione è quella di preservare gli orsi ma anche il ghiaccio marino da cui dipendono, sensibilizzando il mondo e lavorando contro le minacce che mettono a rischio l'Artico. "Mentre i nostri progetti si estendono in tutto il mondo, Churchill sarà sempre la nostra casa e gli orsi polari saranno sempre la nostra passione", Krista Wright - Executive Director, Polar Bears International. Per conoscere di più riguardo attività, donazioni, e seguire tutto quello che fa l'organizzazione basta andare sul sito: www.polarbearsinternational.org 》Jenny Wong Instagram: Jenny 🇨🇦 (@jdubcaptures) 》Polar Bears International Youtube: https://youtu.be/Hpyg7ozZboA LinkedIN: https://www.linkedin.com/company/polar-bears-international/ Instagram: https://instagram.com/polarbearsinternational?igshid=YmMyMTA2M2Y= Sito: Polar Bears International Ula Bianca - A dream that creates the brand. Connettiamo le persone al mondo digitale e diamo potere all'identità creativa!

bottom of page