L'eredità tramandata da Peppino Impastato e Felicia Bartolotta
Simbolo della lotta alla mafia, della controinformazione e della legalità. Peppino Impastato è stato un antesignano della comunicazione, aveva capito che la guerra alla mafia si poteva fare con ironia, coraggio e cultura, ridicolizzando i potenti.
La nostra cultura è un patrimonio di massa in continua evoluzione e frutto del contributo quotidiano di tutti gli uomini in lotta per migliorare le proprie condizioni di vita. (Peppino Impastato)
Peppino Impastato nasce a Cinisi (PA), nel 1948, da una famiglia mafiosa, suo padre Luigi era un uomo di Cosa Nostra e suo zio, Cesare Manzella che aveva sposato la sorella del padre, era il capomafia.
Peppino si avvicina subito alla lotta contro questo sistema mafioso, per lui insostenibile e per questo si ribella alla sua stessa famiglia.
Nel 1965 Peppino fonda il giornalino L'Idea socialista e si unisce al Partito socialista italiano di Unità proletaria.
Nel 1975 crea il Circolo "Musica e Cultura", un'associazione collettiva di cultura e musica.
Due anni più tardi nel 1977, a Terrasini (PA), Peppino e i suoi amici fondano Radio Aut, un'emittente libera autofinanziata, di controinformazione, trasmessa sulla frequenza di 98.800 Mhz, dove si denunciava la mafia e la politica collusa.
Onda Pazza era la trasmissione che andava in onda tutti i Venerdì sera, dove Peppino con ironia e informazione, aveva creato "Mafiopoli", una città inventata, popolata da personaggi come Tano Seduto, il capomafia Gaetano Badalamenti o Geronimo Stefanini, il sindaco di Cinisi, Gero Di Stefano, dove si parlava degli abusi edilizi e delle speculazioni come quella per la costruzione della pista dell'aeroporto di Punta Raisi.
In Sicilia e quindi anche a Cinisi e dintorni, in quegli anni nessuno osava sfidare la mafia, Peppino lo fece con ironia, cercando di informare e di muovere più coscienze possibili.
Questo fu anche la sua condanna a morte, perchè gli stessi uomini di cosa nostra da lui denunciati, nella notte tra l’otto e il nove maggio 1978, (proprio mentre è in corso la campagna elettorale per le elezioni comunali a Cinisi, di cui Peppino si è candidato nella lista di Democrazia Proletaria), lo riempiono di botte, lo lasciano sui binari vicino ad un casolare in campagna, e lo fanno saltare per aria con del tritolo.
Dopo la sua morte, Felicia Bartolotta, mamma di Peppino, assieme al figlio Giovanni, si batté per la verità e affinché il sacrificio di Peppino non svanisse nel nulla.
Fu una vera e propria attivista contro la lotta alla mafia, continuò a informare e denunciare e soprattutto aprì la sua porta a tutti coloro che volevano conoscere gli ideali di Peppino. Dopo più di 20 anni, nel 2002 Gaetano Badalamenti, viene riconosciuto colpevole e condannato all'ergastolo per la morte di Peppino.
Felicia dopo due anni, nel 2004 viene a mancare.
La Porta di Felicia, che rimane aperta tutt'ora grazie a Giovanni, il fratello di Peppino e grazie a sua figlia, Luisa Impastato, che attraverso l'associazione CASA MEMORIA FELICIA E PEPPINO IMPASTATO, continuano a Comunicare, Resistere e Lottare.
Abbiamo incontrato ed intervistato Luisa a Bologna, nell'occasione del We Make Future, l'evento di Innovazione digitale e sociale che si svolge nel capoluogo emiliano.
Ula Bianca: Chi era Peppino Impastato?
Luisa Impastato: Peppino Impastato era un giovane militante, nato e cresciuto dentro una famiglia mafiosa, perché era figlio di un mafioso ma soprattutto era il nipote di un capomafia, che però sceglie di stare esattamente dalla parte opposta e di dedicare la sua vita, a lottare contro la mafia e contro il mondo da cui lui stesso proveniva.
Era anche mio zio, perché io sono figlia del fratello, anche se non l'ho conosciuto direttamente, ma ho imparato di lui soprattutto dalle parole di Felicia, la mamma di Peppino, che è stata mia nonna.
UB: Di cosa si occupa Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato?
LI: Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, oggi rappresenta, esattamente l'eredità morale che ci ha lasciato proprio Felicia, mia nonna dopo la morte di Peppino, ha scelto di non rimanere in silenzio, di aprire le porte della sua casa, per continuare a raccontare la sua storia, la storia di Peppino, la sua verità, denunciandone gli assassini e ha permesso, alla storia del figlio di continuare ad esistere, di continuare ad avere un peso, anche nei confronti delle generazioni successive, che continuano ad ispirarsi oggi alla storia di Peppino.
Casa Memoria continua a difendere e a diffondere la memoria di Peppino e a costruire una coscienza antimafia.
Casa Memoria continua a difendere e a diffondere la memoria di Peppino e a costruire una coscienza antimafia. ( Luisa Impastato)
UB: Cosa si può fare per avvicinare sempre di più le generazioni future, alla legalità?
LI: Io sono convinta, che i giovani, debbano essere principalmente ascoltati.
Non sono d'accordo, quando si dice che siano svogliati e disinteressati, in realtà credo che oggi ci siano tanti movimenti giovanili.
Una nuova generazione che oggi vuole farsi carico del futuro e anche del presente, che non viene messa nelle condizioni di essere ascoltata. Innanzitutto bisognerebbe dare fiducia ai ragazzi e ascoltare quali siano le loro esigenze.
UB: Qual è l'importanza della tecnologia per la vostra associazione?
LI: Questo ritornando alla domanda di prima, potrebbe anche essere un modo per avvicinare le nuove generazioni, provare ad intercettare i mezzi comunicativi attuali, per veicolare i nostri messaggi, le nostre battaglie.
Un po' come faceva Peppino. Peppino è stato un innovatore da questo punto di vista, perché lui ha sperimentato proprio nuove forme di comunicazione, del suo tempo ovviamente, negli anni '70, ha cominciato a utilizzare la radio, come mezzo di denuncia contro la mafia, ma soprattutto l'ironia attraverso la radio, come anche altre forme di comunicazione che ha sperimentato.
È fondamentale, adattarsi, contestualizzare, certi tipi di battaglie e d'istanze
UB: Cosa diresti a Peppino oggi, se potessi avere a disposizione una telefonata?
LI: Questa è una domanda molto difficile, personalmente, che devo dire, mi fanno tante volte, soprattutto i bambini o i ragazzi.
Ho una lista di cosa che chiederei a Peppino, non l'ho conosciuto direttamente, ma è sempre stata una presenza nella mia vita, è sempre stato al centro delle nostre vite, tanto che ho scelto, come ha fatto mio padre, come ha fatto mia nonna, di dedicare la mia vita e il mio impegno alla sua storia.
Quindi la cosa più spontanea che mi viene in mente è chiedergli se, si sente, come dire, soddisfatto di questo percorso, di questa strada che è stata fatta. E una domanda un po' personale, però è la prima cosa che mi viene in mente.
》Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato
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